Perché ridi? Per quale arcana, indecifrabile ragione, il pallone che, con ogni probabilità, per puro caso, ha involontariamente varcato quell’arco sgraziato e disconnesso creato dalle mie gambe, ti crea giubilo? Probabilmente avrebbe definito così lo scherno conseguente ad “un tunnel” Pier Paolo Pasolini, amante del calcio e studioso della psicologia che ne derivava, mettendosi nei panni del malcapitato che lo avesse subìto.
E’ un pensiero che, seppur meno articolato e poetico, ognuna delle vittime di un “tunnel” ha avuto di conseguenza al gesto espresso, offeso nell’intimo delle sue capacità, deriso da un avversario malandrino e senz’anima, in grado di sopraelevare le proprie capacità a discapito di un uomo la cui colpa è stata soltanto quella di farsi prendere dalla foga e, nell’affrontarlo, soltanto per qualche frazione di secondo, aprire un pertugio largo quanto una sfera dalla circonferenza di circa 70 centimetri, quel tanto che basta a passare alle proprie spalle, tagliandolo fuori da qualsiasi possibilità di recupero, se non falloso e, già che c’è, ai limiti del cartellino il cui colore dipende dal savoir-faire, quella complicata ma necessaria qualità che un bravo professionista dovrebbe saper affinare lungo l’arco della sua carriera (per carità, non parlate più di archi!).
Preso sul tempo da una giocata sopraffine, in una frazione di secondo diventi un somaro buono solo per la serie C, mentre l’altro è uno che ci sa fare col pallone, un giocatore che, a quel punto, potrebbe addirittura cambiarti le partite. La velocità di giudizio di conseguenza ad un gesto tecnico di tale spessore può pesare come un macigno, da ambo le parti. Chissà cosa avrà pensato Gino Ferioli, portiere del Grosseto, nel lontano 1984, quando, durante un’amichevole contro il Napoli dell’appena acquistato asso argentino Diego Maradona, in un’azione difensiva è riuscito a liberarsi di quello che diverrà il migliore calciatore al mondo, addirittura con un tunnel, lui, un portiere!
«E’ proprio così – disse Ferioli – mi ricordo bene di quella sera, conservo ancorai giornali (La Gazzetta dello Sport, Il Mattino), tutti dettero grande risalto alla cosa.Eravamo intorno al 20′ del primo tempo e Fugalli appoggiò un pallone indietro, un po’fuori area, verso la linea di fondo. Premetto che a me è sempre piaciuto uscire e giocarla palla coi piedi». «E allora uscii dalla porta e con la coda dell’occhio vidi un giocatore del Napoli che veniva a contrastarmi, mi venne naturale di provare a dribblarlo on l’esterno del piede. Ne venne fuori un tunnel molto bello. Quel giocatore era Maradona.L’arbitro era Bianciardi di Siena e ricordo che tutti ridevano,allora Maradona venne verso di me e mi disse: `Malo sai che io sono el Pibe de Oro?‘». «Da quel momento ad ogni calcio di punizione – prosegue Ferioli – da lontano Maradona non perdeva occasione per dirmi:`Ora ti segno, ora ti segno’.Si vedeva che gli giravano e poi finì che a forza di aspettare i tiri di Diego mi segnò Bertoni, sempre su punizione.Era il primo tempo e in sostanza la partita finì così, ma già all’uscita dal campo io gli chiesi scusa e gli dissi che non volevo irriderlo. Lui capì e ci abbracciammo».
E come spesso capita in queste storie, dove un colpo di genio, di qualsiasi genere, purché sia stato efficace, ti “marchia a fuoco” per sempre, fino a renderti schiavo di quel gesto, soprattutto se la carriera non ti ha concesso di essere ricordato per qualcos’altro. Lo stesso Ferioli ammise: “Sinceramente non ne posso più di raccontarlo. E’ da quando l’ho fatto che tutti mi chiedono soltanto del tunnel… La mattina dopo iniziarono a telefonarmi giornalisti di tutta Italia, dal Mattino di Napoli alla Gazzetta dello Sport. Mi ritrovai persino in prima pagina sulla Gazzetta! Forse i giornalisti non si ricordavano chi era Gino Ferioli, ma ero un portiere che aveva una lunga esperienza da professionista e fu normale per me fare il tunnel. Neanche mi resi conto che lo stavo facendo a Maradona: poteva essere chiunque anche Penzo o Bagni. Fu un gesto istintivo, lo facevo spesso anche nelle partite di allenamento. Mi è rimasto un ricordo bellissimo di quell’incontro legato al boato della gente: la tribuna esplose“.
D’accordo che da una carriera calcistica ci si aspettano traguardi ambiti, vittorie, conquiste prestigiose, vestire la maglia della propria nazionale, fare gol all’ultimo minuto o parare un rigore decisivo ed essere consegnato agli annali, ma meglio essere ricordato come “il portiere di una squadretta delle serie minori che riesce a fare un tunnel al Pibe de oro“, piuttosto che affondare nell’anonimato.
Nella vita bisogna accontentarsi. E scusate se è poco, “Ça va sans dire“.
Alcune immagini dell’amichevole in questione: